Proverbi del Molise

– I proverbi, in quanto patrimonio di conoscenze acquisite con l’esperienza di generazioni, davano conforto e sicurezza alla società che li utilizzava perché preparavano ad affrontare i diversi aspetti della realtà, anche negativi, e superarli.

Rassegna dei più belli e famosi proverbi Molisani

Proverbi Molisani
  • Prèta che ròciola n’mmétte carpìa. Pietra che rotola non mette il muschio (si dice di chi cambia troppo spesso per sistemarsi bene).
  • Tiemb de vierne e cure de criature: ne può mié sctà sicure! Tempo d’inverno e culo di neonato non ti danno alcuna sicurezza.
  • Disputà dell’ombra de l’ase. Disputare sulla ombra dell’asino. Ossia: fare una discussione senza senso ed importanza.
  • La puttana ze marita, la ruffiana no. La puttana si sposa, la ruffiana no.
  • Chi spera a re Luotte, sta sembe a pancuotte. Chi spera nel lotto, sta sempre a pane cotto. Vincere al gioco è talmente aleatorio che può portare alla povertà.
  • U scarpare va senza scarpe. Il calzolaio va senza scarpe. Cioè si trascura e calza scarpe di scarsa qualità
  • L’uocchie d’u padrone ‘ngrass ‘u cavalle. L’occhio del padrone ingrassa il cavallo.
  • Ru cielle ze vede a ru nide. L’uccello si vede dal nido.
  • A casa de suneture non ce vuonne serenate. A casa di suonatori non ci vogliono serenate.
  • La mala jerva ze vede quanne nasce. la mala erba si vede quando nasce. Una persona “cattiva”la si nota subito.
  • Aprile fa ru ciore e maggio fa l’unore. Aprile fa il fiore e maggio fa l’onore. Cioè i frutti cominciano a svilupparsi e in qualche caso a maturare.
  • Nu bbone marite fa ‘na bbona mojje. Un buon marito fa una buona moglie. Contribuisce alla riuscita del matrimonio.
  • L’avare fa bbene sole quanne more. L’avaro fa del bene solo quando muore. Lascia i propri averi agli eredi.
  • Avetezze, mezza bellezze. Altezza, mezza bellezza.
  • Chi magne chemmatte c’a morte. Chi mangia combatte con la morte. Chi mangia ovviamente ha buona salute.
  • Chi mora mor, e chi camba cambe. Chi muore, muore e chi campa, campa. Chi è morto si dimentica e chi sopravvive vive. Questo detto ha indubbiamente un valore relativo poiché non sempre chi muore viene dimenticato.
  • Ogne picca jjove. Ogni poco giova. Mettendo assieme le piccole cose si ottiene tanto.
  • Chi va pu’ monne tutte vede, e chi sta n’a casa nenn’u crede. Chi va in giro per il mondo tutto vede, e chi sta a casa non lo crede.
  • Chi defetta suspetta Chi è in difetto sospetta. Si vede nell’altro i propri difetti.
  • Chi prime ne’ ppenze, a lluuteme sespire. Chi prima non pensa, alla fine sospira. Si pente di aver parlato troppo presto.
  • Chi troppe vo, nejende stregne. Chi troppo vuole, nulla stringe. Quando si hanno troppe pretese non si ottiene nulla.
  • Chi jè pahure dell’acque, ne jesse ‘nu mare. Chi ha paura dell’acqua non vada nel mare. Bisogna affrontare situazioni alla propria portata.
  • ‘U scarpare ticch’ e tticche sembe fatich’ e mmà è rricche. Il calzolaio sempre lavora e mai è ricco. Il calzolaio era un artigiano come tanti altri doveva lavorare per gente che non era ricca.
  • ‘U vine è a menne di vejecchie. Il vino è la mammella dei vecchi. Nel senso che è necessario.
  • Chi cammine lecche; chi sta ferme secche. Chi cammina lecca; chi sta fermo secca. E’ necessario nella vita essere intraprendenti per avere.
  • U fesse parle sembe. Il fesso parla sempre.
  • ‘A gatte ferejose a fatt ‘i fijje cacate. La gatta frettolosa ha fatto i gattini ciechi.
  • ‘Ndo trasci ‘u sole ne trasci ‘ u dottore. Dove entra il sole non entra il dottore.
  • Chi magne da sole se straffoghe. Chi mangia da solo si “strozza”. A mangiare bisogna essere sempre in compagnia, è molto meglio.
  • Chi te vo bbene vé n’a case, chi te vo’ male te manna a chiamà Chi ti vuole bene viene a casa, chi ti vuole male ti manda a chiamare. Amicizia significa piena accettazione di una persona.
  • Chi ce ‘cconge ce sconge. Chi si acconcia si sconcia. Può valere nel caso in cui si esagera.
  • Fa’ i peduocchie. Fare i pidocchi. Restare inerte senza fare niente. Lo si può dire per un persona poco attiva o per qualcuno che è molto pigro.
  • A’ fatte ‘nu strusce. E’ piovuto un poco.
  • E’ nere com’ a pece. E’ nero come la pece. Nerissimo.
  • Ne’ ffà male ch’è peccate, ne’ ffà bbene ch’è sprecate. Non fare il male che è peccato, non fare il bene che è sprecato. Nel senso forse che fare il bene non è apprezzato da tutti. Per questo non bisogna esagerare secondo il proverbio.
  • Ru tuone jè Criscte che joca a pallone. Quando tuona è Cristo che gioca a pallone. Lo si diceva ai bambini.
  • La Cannelora, la vernata je fora. Alla Candelora dall’inverno siamo fuori.
  • La cera ze cunsume e la prucessione nen camine. La cera si consuma e la processione non cammina. Sta a significare che si perde tempo senza combinare nulla.
  • Magg viern rattaia. A maggio l’inverno se ne va. Inizia la bella stagione.
  • Marz è pazz Marzo è pazzo. Si verificano bruschi cambiamenti meteorologici.
  • April chiagn e rid . Aprile piange e ride. Durante il mese di aprile vi sono giorni di pioggia e giorni di bel tempo.
  • Quanne ‘ntrona de jeannare, s’arrègnene le granare. Quando tuona a gennaio, si riempiono i granai.
  • Pane e cepolla a la casa teja. Pane e cipolla a casa tua.
  • Chi coce e scoce non perde mai tiempe. Chi cuce e scuce non perde mai tempo.
  • Vinte de marze porta primavera. Il vento di marzo porta la primavera.
  • Ru cielle ze vede a ru nide. L’uccello si vede dal nido.
  • Ru pesce ruasse ze magna ru pescerille. Il pesce grosso mangia il pesce piccolo.
  • Tale patre, tale figlie, tale vite, tale magliuolo. Tale padre tale figlio, tale vite, tale tralcio.
  • Femmena peccenella, figlie a tumulella. Donna piccolina, figli a frotte.
  • Aprile fa nu ciore e maggio ha l’unore. Aprile fa un fiore e maggio ha l’onore. Comincia lo sviluppo del frutto.
  • Casa de mugliera, casa de galera. La casa dove comanda la moglie è come una galera.
  • Remore de tazze e senza café. Rumore di tazze però senza caffè.
  • Robba vjecchje ‘n case de pazze more. La roba vecchia muore nella casa dei pazzi. Il contrario insomma di “gallina vecchia fa buon brodo”.
  • Le sparagne a ‘mmojeme ‘nu lette e l’avete c’ha freghene pi rocchje. Io risparmio mia moglie a letto e invece gli altri se la fanno tra i cespugli.
  • Chi fa bbene merete d’esse ‘ccise. Chi fa del bene merita d’essere ucciso.
  • Chiove a pile de gatte ‘u garzone ride e ‘u padrone schatte. Pioviggina [a pelo di gatto]il garzone è contento e il padrone schiatta.
  • Chi resc[e]care a cocce all’asene perde lescije e sapone. Chi lava la testa all’asino perde liscivia e sapone.
  • Tjenghe ‘na favecette che va ‘n onze ‘a sere me fa reji manze manze. Ho una falce che è una meraviglia la sera mi fa ritornare [dal lavoro] mogio mogio.
  • Chi troppu se cunsiglja, moglje non piglja. Chi troppo si consiglia, moglie non piglia.
  • Chi neozia campa e chi fatica crépa. Chi commercia campa e chi lavora crepa.
  • Sciòcca e resciòcca e Maria de la Rocca e Maria de Bujàne quanne sciòcca fa le pane. Fiocca e rifiocca e Maria di Rocca(Roccamandolfi) e Maria di Bojano quando fiocca fa il pane.
  • Li sfaccennati,lavoreno comme cani legati! Gli sfaccendati lavorano come cani legati.
  • Pasqua co la foglja tempu vonu se ha voglja, Pasqua co la frasca tempu vruttu e burrasca. Pasqua con gli alberi verdi (Alta) tempo buono se ha voglia, Pasqua con gli alberi spogli (Bassa) tempo brutto e burrasca.
  • Chi arria prima macina! Chi arriva prima macina. Ovvero: chi vuol essere primo deve alzarsi di buon mattino.
  • Marzu marzegghja,giugno caregghja. Marzo è pazzerello, ma a giugno porta a casa grano e fieno.
  • Ualane nuove-rombe l’arèatre e scorcia re vuove. Il bifolco novellino-rompe l’aratro e rovina i buoi.
  • La fatia de la fèmmena ‘zappènne. Il lavoro della donna non si appende(non è appariscente).
  • Chi semenda spoine s’ada fèa le scarpe de fièrre. Chi semina spine deve farsi le scarpe di ferro.
  • Chi tande se devila rhu cure osc-tra. Chi tanto si umilia mostra il deretano (viene disprezzato).
  • Si carute rai liette Sei caduto dal letto (si dice a chi si alza ben presto la mattina)
  • La maronna e’ r legge La Madonna rispetta la legge (quando ci viene resa giustizia, pur se con ritardo)
  • I tor ric’ curnut agl asn Il toro che dice cornuto all’asino
  • Z’è sguarrata l’àsena L’asina è crollata per il troppo carico (inatteso e improvviso crollo di qualcosa).
  • I uàje re la pegnata i sà la cucchiara. I guai della pignata (recipiente di terracotta per cuocer i legunmi) li conosce solo il cucchiaio di legno. (le cose personali e private le sa chi è addentro… o chi lo è stato).
  • Z’anna sparte le massarie. Devono dividersi le masserie (si dice di due persone che litigano per futili motivi)
  • Addrezza la campana chi renuocchie. Aggiusta la campana con il ginocchio. (quando vogliamo significare che un rimedio è inadatto al male)
  • Pe seconde: aizete e vattenne Per secondo piatto: alzati e vattene (per indicare che c’è poco da mangiare)
  • Lampa e trona ca le fica so bone. Quando ci sono fulmini e tuoni i fichi sono buoni (espressione usata quando d’estate si scatenano temporali che faranno maturare i fichi).
  • I scarpare vanne scauze. I calzolai vanno scalzi (per dire che non ci curiamo delle nostre cose).
  • Addo’ vere e addo’ ceca. Dove vede e dove non vede. (usare due pesi e due misure)
  • Ai figl mup i capisc la mamma… (sorda). Al figlio muto lo capisce la mamma…sorda (per significare che solo la persona interessata conosce pregi e difetti di familiari e amici)
  • Nen si bbuone ne’ a fotte ne’ a fa la uardia. Non sei capace né di rubare, né di fare la guardia (si dice di chi non è utile né per sé né per gli altri)
  • QUAND LA VOLP N’ARRIVA ALL’UVA RIC’ CH’E’ CERVA. Quando la volpe non arriva a raccogliere l’uva dice che non è matura.
  • I CIUCC R’ FICHELLA, CIENT RFIETT E LA CORA FRACERA L’asino di mio nonno oltre ai cento difetti aveva la coda “infracidata”.
  • I CUANE CUOTTE HA PAURA RELL’ACQUA VELLITA. Chi è in difetto teme sempre di essere scoperto.
  • Chi mpresta i cule glie resta – Chi presta denaro resta lui stesso senza quattrini.
  • Ai vogl a fschia s l’asn nn te set. Hai voglia a parlare che l’asino non capisce.
  • L’asn annanz, i cavall arret. I fessi davanti,gli inteligenti dietro. Nel senso che i fessi parlano sempre e delle volte succede che hanno posti di responsabilità superiore alla loro reale capacità.
  • Fije de gatte ècchjappene i surge. I figli di gatto prendono i topi. Per dire che i figli assomigliano ai genitori.
  • La lengua vatte doe lu dente dole. La lingua batte dove il dente duole.
  • Se rhu prièsc-te fosse vuone, se presc-tèsse pìure la moglie. Se il prestito fosse un bene, si presterebbe anche la moglie.
  • Pe canosce nu cresc-teine te c’èda magniè ‘ziembra nu tumbere de sèale. Per conoscere una persona ti ci devi mangiare(consuare)insieme un tombolo-misura agraria di circa 50 chili-di sale insieme.
  • Le vine vuone se vènne senza frasca. Il vino buono si vende senza frasca. (chi vale vale non abbisogna di propaganda)
  • Che tè figlia l’ajje e tu nora me ‘ndiènne. Ce l’ho con te figlia e (ma) tu,nuora mi capisci(perchè è diretta a te)
  • Vale cchjù nu tratte che la massarojja. Vale più una gentilezza che (il possedere) una casa.
  • All’asena nne jo’ da la paglia,farre raglià. All’asino non vuoi dare la paglia,fallo ragliare.
  • Paga ca sci d’Agnone. Paga che sei di Agnone. (Si riferisce alla proverbiale tirchieria degli abitanti di Agnone, comune molisano, e ad un anneddoto in cui si racconta di come l’agnonese che tentava di imbucarsi senza pagare venne malamente smascherato).
  • Mazze e panelle fanne re figlie belle. Botte e pane fanno i figli belli (proverbio molto vecchio, equivalente a quello più noto che invita ad usare un po’ il bastone e un po’ la carota…)
  • Chi troppe permètte pòche mantè. Chi tanto promette poco mantiene. Consiglio: vota il candidato che promette meno e meno sarai deluso.
  • Sci còme ù cane de l’urtelane,n’ze magne a’cepolle ma manche a’ fà magnà Assomigli al cane dell’ortolano ,non mangia cipolle ma neanche le fa mangiare ad altri. (si dice a persona pigra e invidiosa che cerca di mettere il bastone tra le ruote a chi viceversa è intraprendente e lavoratore.
  • Solde e quiescienze nen se sa chi à tè. Denari e coscienza non si sà chi ce l’ha.
  • Dìje te ne canze da nu ricche èppenzntute e da nu pezzente arreccute. Dio ci liberi da un ricco impoverito e da un povero arricchito.
  • Lèccatùre de sìcchje ne ‘ngràssene cane. La leccatura del secchio non ingrassa il cane.
  • Chi tè a facce ze màrìte e chì ze nè breògne reste zìte. Chi si propone si sposa, chi si vergogna resta zitella.
  • ìèdeche pìetùse fa i pìàghe vèrmenùse. Il medico pietoso infetta la ferita.
  • Larine è nù fuosse chi c’ve’s’ embosse, chi s’ ne va è nù fess. Larino è un fosso chi viene s’infossa, chi se ne và….sbaglia. (E’ senza dubbio un invito a visitare LARINO, Campobasso, Capitale dei frentani e delle città dell’olio).
  • Hiocca, hiocca a la muntagna d’ la Rocca e povero scalzarello non pò ii pe cippitielli. Filastrocca tipica di Roccavivara, piccolo paese in provincia di Campobasso. Nevica, nevica sulla montagna di Rocca (=Roccavivara) e il povero bambino scalzo non può andare a raccogliere legnetti per accendere il fuoco

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